Martedì 13 settembre | 22.30
Mercoledì 14 settembre | 23.25
Venerdì 16 settembre | 20.30
LA PELANDA | GALLERIA | 45′
INSTALLAZIONE PERFORMATIVA
OHT
Squares do not (normally) appear in nature
progetto teatrale e installativo ispirato da
Josef Albers, il concetto d’astrazione e gli unicorni.
di OHT | Office for a Human Theatre
con il sostegno di The Josef and Anni Albers Foundation, Bethany (CT), USA
idea e regia Filippo Andreatta
ricerca scientifica Chiara Spangaro
movimenti meccanici e meraviglia Paola Villani
scenografia Filippo Andreatta e Paola Villani
musica di scena Roberto Rettura
direttore palcoscenico Rosario Fontanella
tecnico Giovanni Marocco
organizzazione Laura Marinelli
amministrazione Chiara Fava
brano “ala” di Matteo Nasini
una produzione di OHT, Provincia Autonoma di Trento
in collaborazione con MART museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, Regione Trentino Alto-Adige, Comunità di Valle della Vallagarina, PuntoLuce sas
residenza artistica Centrale Fies, Albers Foundation
grazie Barbara Boninsegna, Annalisa Casagranda, Brenda Danilowitz, Fritz Horstman, Alessandra Klimciuk, Nick Murphy, Giacomo Raffaelli, Jeannette Redensek, Nicholas Fox Weber
www.officeforahumantheatre.org
Squares do not (normally) appear in nature pone a confronto il pubblico con uno spazio senza attori attraverso 13 esperimenti visivi e sonori. La base del lavoro è la consapevolezza del colore attraverso luce, nebbia, vetro, fonts e immagini che diventano protagonisti della scena. Una metafora letterale di come solo apparenti temi astratti sono gli attori della ricerca di Josef Albers attraverso le forme, la realtà e l’osservazione.
“Astratto”, nel dizionario Oxford d’inglese, ha nove definizioni, di cui la più appropriata è la 4.a.: “ritirato o separato dalla materia, dall’incarnazione materiale […]. Opposto a concreto”. Dal latino, abstractus significa ‘tratto via’. Come in matematica il senso di astrarre qualcosa significa ridurlo al suo essenziale – dando per inteso che le entità matematiche sono astrazioni – così nelle arti visive il senso della pittura astratta è una composizione con un certo o totale grado d’indipendenza dal mondo reale e dalla sua mimesi. Quest’azione di allontanamento o separazione è l’aspetto chiave del progetto che sorge dalla domanda: come il teatro ridefinisce se stesso eliminando i suoi esecutori? Che cosa ne rimane? Astrarre è un modo per riportare spiritualità nel lavoro?
L’azione parte dalla citazione di Mies van der Rohe sulla chiusura del Bauhaus come punto di non ritorno per Josef Albers. Infatti, Albers non solo attraversa l’oceano Atlantico per una nuova vita negli Stati Uniti, ma si muove verso una diversa e ulteriore formulazione dell’osservazione che lo porta all’essenza di come la realtà e le cose sono costruite e percepite. Nel suo percorso in cui l’osservare è connesso agli aspetti sensibili e fisici del vedere, i criteri e le parole di Albers, così come il suo materiale artistico, la sua paletta e i suoi oggetti, connettono lo spettatore con una rinnovata tipologia narrativa. Una narrazione rallentata, i cui parametri non sono familiari e rientrano nel dominio della percezione che l’artista tedesco aveva già intuito nel suo lavoro e che costringono il pubblico ad adottare nuovi criteri rispetto a quelli generalmente accettati o conosciuti. L’esperienza, come concepita da Albers nella sua didattica dagli anni del Bauhaus al Black Mountain College e a Yale, è ora messa in scena.
Squares do not (normally) appear in nature è, innanzitutto, un invito ad ascoltare e guardare, a riappropriarsi del proprio tempo. Come suggerito dal titolo, questo lavoro riguarda anche la natura e ciò che normalmente non appare in essa. In particolare, lo spettacolo drammatizza effetti astratti mettendo in scena reazioni naturali quali l’aurora boreale e gli arcobaleni. Questa specifica scelta decostruisce l’ingannevole convinzione che l’arte astratta è troppo impersonale o fredda. Non stupisce se Elaine de Kooning ha notato che “anche se i suoi dipinti in un primo momento potrebbero sembrare impersonali, non uno di loro potrebbe esser stato dipinto da qualcun altro che non Josef Albers se stesso” .
BIOGRAFIA
Josef Albers ha avuto un ruolo di primo piano nel trasmettere i principi del design moderno del Bauhaus negli Stati Uniti. Nato a Bottrop (Germania) nel 1888 compie la prima formazione nella sua città, ma appena possibile visita i musei di Hagen e Monaco, dove ha modo di conoscere i dipinti di Cézanne, Matisse, van Gogh e Gauguin. Nel 1915 si diploma alla scuola di arte reale di Berlino e frequenta in seguito la Scuola di Arti Applicate di Essen. Si trasferisce a Monaco nel 1920 per frequentare l’Accademia di Belle Arti e un anno più tardi si trasferisce a Weimar per unirsi al Bauhaus, dove incontra Paul Klee, Wassily Kandinsky, Walter Gropius e Mies van der Rohe. Mentre continua a studiare, inizia a occuparsi del laboratorio di vetreria della scuola, e velocemente è promosso al ruolo di insegnante. Quando a Berlino i nazisti chiudono la scuola nel 1933, Albers e sua moglie Anni, anche lei artista cresciuta nel Bauhaus, sono invitati per l’intermediazione del giovane Philip Johnson al Black Mountain College – l’importante scuola d’arte in North Carolina che tra gli anni cinquanta e settanta del Novecento ha attirato artisti e studenti di talento tra cui John Cage, Merce Cunnigham e altri.
Albers è noto per le sue composizioni che esplorano i rapporti del colore attraverso la forma unica e semplice del quadrato. Il suo interesse principale era però il colore e la comprensione delle regole che guidano l’esperienza visiva dove quadrati sovrapposti dimostrarono effetti compositivi e spaziali. Da questo interesse nato negli anni del Bauhaus, grazie ai corsi introduttivi di Paul Klee, in seguito Albers ha sviluppato teorie proprie riguardo gli effetti spaziali, i contrasti, e le armonie dei colori e nel 1963 pubblica l’influente volume Interazione del colore.
Dopo aver influenzato l’intera facoltà del Black Mountain College con il suo metodo di insegnamento e pratica delle arti fino al 1949, tenendo anche corsi alla Harvard University e conferenze in diversi atenei dell’America Latina, nel 1950 Albers diviene direttore del dipartimento di Design alla Yale University. Muore a New Haven nel 1976.
OHT fondata nel 2008 da Filippo Andreatta, dopo la vittoria di Nuove Sensibilità, premio nazionale per giovani registi al Napoli Teatro Festival Italia, ha ottenuto collaborazioni italiane ed internazionali tra cui, più recentemente:
– Josef and Anni Albers Foundation (USA): “squares do not (normally) appear in nature” un progetto sul lavoro di Josef Albers;
– Whitechapel Gallery, Londra (UK): “buzz” video installazione inclusa nella mostra “Twixt Two World”, a cura di Gaia Tedone;
– MAXXI Museo delle arti del XXI secolo, Roma (IT): lo spettacolo “Delirious New York” è incluso in “Open city
– Open museum”, mostra a cura di Hou Hanru;
– Museo MADRE e Teatro Pubblico Campano, Napoli (IT): nel 2009 l’installazione/performance “Bios Unlimited” è stata presentata in relazione alla collezione del museo;
– Palazzo Grassi, Venezia (IT): installazione di “Real-Time Polaroid” (2011-2012).
Infine, Centrale Fies e MART Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, sono stati frequenti partner dei vari progetti menzionati e di altri ancora, sia per produzioni sia per debutti.
Filippo Andreatta dopo il Bachelor in Architettura presso il Politecnico di Milano ottiene il Master in Performance e Visual Art all’Università IUAV di Venezia. Nel 2009 rifiuta l’invito a frequentare un Master alla Royal CSSD, University of London, per lavorare con l’ensemble berlinese Nico and the Navigators dove ha ricoperto il ruolo di performer e d’assistente regista in produzioni di Teatro Musicale Sperimentale e Opera Lirica. Per due anni è consulente della città di Rovereto per la stagione teatrale dove lancia un programma di teatro contemporaneo e diventa scenografo per le produzioni liriche del Centro Servizi Cultrali S.Chiara di Trento. Nel 2014 è performer per la compagnia belga “Peeping Tom” alla Biennale di Venezia. Dal 2015 è co-curatore del festival Drodesera di Centrale Fies.
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