SHORT THEATRE 11 – KEEP THE VILLAGE ALIVE
Dandosi ogni anno un titolo diverso, Short Theatre cerca di fornire una chiave di lettura dei suoi contenuti e di nominare un grande e fluido romanzo, articolato in momenti che ne rappresentano i capitoli narrativi. Quest’anno KEEP THE VILLAGE ALIVE è un motto, un’esortazione, un invito, il titolo di un concept album. Qualcosa di semplice, di lettura quasi scontata, ma che lancia un pensiero che pure bisogna tenere presente, una raccomandazione e un invito ad impegnarsi tutti a mantenere vivo il villaggio. Impegnarsi a fare qualcosa che cambi la condizione in cui siamo, qualcosa che ascolti le nostra capacità e desideri non solo di resistere, ma anche di ricostruire.
MANTENERE VIVO IL VILLAGGIO significa occuparsi del tessuto connettivale, quello che in anatomia tiene insieme i muscoli e le ossa del corpo umano. Significa cercare di intervenire sulla struttura della nostra società, sfiancata e incontinente. Ognuno dovrebbe fare la sua parte.
Il dovere e il senso dell’arte dovrebbe essere quello di lavorare affinché si costituiscano valori adeguati alle necessità e ai vuoti dell’epoca in cui viviamo, che sappiano leggere e sappiano dialogare con le complessità della realtà a cui apparteniamo per poter immaginare realtà ulteriori che disegnino nuovi territori di confronto e di analisi. L’artista dovrebbe rispondere con il proprio pensiero e la propria pratica alle urgenze del reale e non solo alle tensioni e derive formali ed estetiche. Raccogliere nei gesti, nelle parole e nelle forme la tessitura rizomatica della realtà.
Pensare l’impensabile.
MANTENERE VIVO IL VILLAGGIO penso significhi questo: credere davvero che l’unione faccia la forza, che si possa produrre un’energia centrifuga che contamini orbita dopo orbita i villaggi che ci girano intorno; e insieme lasciarsi contaminare, farsi villaggio in orbita. Immaginare un piccolo Stato, dicevamo tempo fa, temporaneo, con delle regole e delle abitudini, delle eccezioni e degli sconfinamenti. Un luogo in cui rintracciare un’identità dispersa, un luogo da cui ripartire, divisi e uniti, singoli e comuni.
Un luogo dove la paura e l’incertezza siano esperienze della vita, non motivi di ricatto. Un luogo dove le differenze siano un principio e non una fine, e dove si coltivino forme specifiche di resistenza e intervento. Un’utopia. Un’utopia possibile. Un luogo dove tornare ad imparare e a coltivare utopie. Perché solo se si ha chiara la meta il tragitto sembra percorribile.
KEEP THE VILLAGE ALIVE: condividiamo una meta e perseguiamola.
FABRIZIO ARCURI
Ci siamo spesso interrogati sui modi e sul senso delle cose che facciamo, come individui, come operatori culturali, come singoli e come collettivo; e ancora più spesso abbiamo riflettuto su quanto decisivo sia il luogo in cui immaginare e praticare quei modi e quel senso. Allo spazio, alla sua configurazione possibile e alle sue prospettive ulteriori, dedichiamo l’undicesima edizione di Short Theatre. Al luogo, alla sua natura che sentiamo precisa in quanto propria e nostra, e allo stesso tempo sfuggente perché sempre accidentata e controversa, sconfinata e sconfinante.
Eppure da qui siamo sempre partiti ed è questo “qui” che oggi proviamo a nominare, solo per poi dimenticarlo, per andare oltre, per farlo esplodere, per prendercene cura e farlo sopravvivere a tutto, persino ai suoi stessi abitanti e visitatori – KEEP THE VILLAGE ALIVE. Il villaggio che vogliamo tenere vivo è un paesaggio in cui la lingua può essere poesia e la poesia può dire la realtà; ma è anche il luogo, temporaneo e delimitato, che allestiamo ogni anno, dal 2006 e a cui abbiamo dato il nome di Short Theatre: un villaggio di transito, di riposo per i nomadi, di racconto per i viaggiatori.
Short Theatre da undici anni è questo: un luogo e un tempo in cui si ricompone una comunità di artisti, pubblico e operatori. Una comunità alla ricerca della giusta distanza tra sguardo e creazione. Short Theatre è una lente con cui osservare il paesaggio dello spettacolo dal vivo italiano e internazionale, ma anche un’occasione di dialogo intorno all’attuale condizione della performance, alle sue forme e ai suoi sensi, alle sue prospettive. Short Theatre è insieme il villaggio, il suo abitante, e lo straniero in visita.
Può un villaggio tornare a casa? Può una comunità farsi abitare? Un’occasione, anche questa edizione 2016, che ha i connotati propri del luogo che la rilancia, un luogo in cui la comunità dello spettacolo dal vivo ritorna a casa per pochi giorni all’anno.
Ecco KEEP THE VILLAGE ALIVE. Una voglia di resistenza e di difesa, ma anche di indagine, di scoperta, di abbandono vitale a quello che non possiamo non fare – prenderci cura dei nostri desideri e delle nostre possibilità. E sono questi desideri e queste possibilità che ospitiamo negli spazi di MACRO LA PELANDA, e non solo, dal 7 al 18 settembre 2016.
Spettacoli, incontri e conversazioni, percorsi di formazione e di visione, djset, concerti, installazioni: queste le vie che si possono percorrere in questo villaggio. Impossibile mappare l’intero territorio, troppo vario, così preziosamente articolato, dislocato, sgrammaticato nella sua urbanistica umana.
Ci sono però aree che sono come coagulazioni di senso improvviso: la performance come laboratorio politico di riflessione sulle forme della rappresentanza e della condivisione di pensieri e intenzioni; la ricerca di una lingua, di una scrittura che sappia farsi voce teatrale restando preziosa nella sua partitura compositiva; le derive che s’incrociano, come le correnti di un fiume nel centro del villaggio, forme espressive che si mischiano, non perdendo la loro identità; e ancora il continuo perdersi e darsi appuntamento e il rincorrersi dello spettacolo e dello spettatore, in un gioco di ruolo che invade ogni angolo del villaggio.
Short Theatre non ha mura o altezze da cui difendersi. Short Theatre si lascia invadere dalla moltitudine di artisti e progetti, affermati ed emergenti, molti per la prima volta in Italia. La relazione con il panorama artistico europeo è sempre più incisiva, grazie al consolidamento di rapporti con strutture e istituti di cultura di diversi paesi, e alla presenza sempre più definitiva di Short Theatre in numerosi network europei, dedicati al sostegno e alla circuitazione di giovani artisti internazionali. Un posizionamento strategico, ma anche, in qualche modo, ideologico – con un pensiero ad una più vera idea di mobilità, di rischio e di costruzione condivisa, di considerazione dei confini come segni da curare, da rigiocare e non da subire.
SHORT THEATRE